L’indagine delle università di Oxford-Padova: “Colpisce l’ampiezza del danno economico che ha toccato le famiglie”. Il 42% dei lavoratori a tempo determinato ha perso il lavoro, così il 35% degli autonomi
La strage dei contratti a tempo determinato e dei lavoratori autonomi. La mannaia sugli orari di lavoro, sui guadagni, sulle certezze. Con l’85% dei giovani intervistati soggetti ad ansia, noia e depressione. Un quadro fosco quello delineato dalla ricerca comparativa Se-B-Covid-19, diretta dall’unità di ricerca sulla Medicina Tropicale dell’Università di Oxford e curata in Italia dai professori Gianpiero Dalla Zuanna e Margherita Silan del Dipartimento di Scienze statistiche dell’Università di Padova, dalla bioeticista Giulia Cuman e dalla psicologa Silvia Stoppa. Per l’Italia sono state intervistate mille persone dai 18 ai 74 anni (fra cui 607 lavoratori), mediante un questionario lanciato su Facebook e Instagram nei primi tre giorni di maggio, alla fine della prima fase del lockdown.
I dati sono stati stratificati in modo da essere proporzionali secondo l’incrocio fra regione di residenza, sesso, età e titolo di studio: il campione rappresenta la popolazione italiana che ha regolarmente accesso ai due social network menzionati. Titolare della parte italiana (realizzata da Demetra di Mestre) è la Fondazione Nord Est di Venezia. “E’ uno shock simmetrico” commenta Dalla Zuanna, professore ordinario di Demografia al Dipartimento di Scienze statistiche.
“Colpisce l’ampiezza del danno economico che ha toccato le famiglie”. Il 42% dei lavoratori a tempo determinato ha perso il lavoro, il 35% degli autonomi pure. Riduzioni dell’orario lavorativo per oltre la metà (il 54%) dei dipendenti a tempo indeterminato, che sale al 60% per i contratti a termine e al 78% per i liberi professionisti. Il 94% di questi ultimi dichiara anche consistenti perdite di guadagno.
La geografia della crisi individua il Nord-est dell’Italia tra le aree maggiormente soggette a perdita del lavoro (21%), insieme al Sud e alle isole (23%), percentuale probabilmente legata al collasso del turismo. Più contenute le percentuali che riguardano il Nord-ovest (13%) e il centro (16%). “Analizzando questi dati c’è una domanda che emerge con prepotenza: i negozi apriranno ma chi andrà a fare acquisti se questa è la situazione?”, si chiede il docente dell’ateneo padovano.
Dal punto di vista psicologico sono le fasce d’età tra i 18 e i 29 anni e tra i 30 e i 44 quelle maggiormente colpite: lamentano ansia, noia, depressione, insofferenza per i limiti sociali e anche problemi di salute fisica. “Le percentuali sono schizzate mediamente di venti punti percentuali, segno che questa popolazione è stata colpita duramente dalla segregazione” continua Dalla Zuanna. “Ci si arrabbia per la gente presente in massa ai navigli di Milano, ma serve anche un po’ di comprensione: la cultura dominante è esattamente l’opposto di quello che stiamo vivendo”.
Percentuali bassissime (mediamente tra il 12 e il 16%) riguardano invece il malcontento connesso alla chiusura delle chiese e all’assenza delle messe. Durante il periodo del lockdown la preoccupazione egemone è per la situazione finanziaria su quasi tutte le fasce d’età, dai 18 ai 64 anni, con picchi anche del 63%. Percentuali importanti anche per la voce “responsabilità di cura”.
Gli adulti, specialmente se genitori con figli, sono angustiati per l’effetto che il lockdown può avere sui bambini e più in generale sulle persone care. Al 21% dei genitori con figli ha pesato anche l’inadeguatezza dell’abitazione per reggere due mesi di confinamento in casa.
Articolo originale: https://www.repubblica.it/cronaca/2020/05/09/news/coronavirus_effetto_lockdown_ansia_e_depressione_per_l_85_dei_giovani-256134039/